Utopie di Bellezza

Senza titolo

Artista

Gashi Anita

Concept

Il concept dell’opera è stato sviluppato a partire dalle riflessioni sulla premessa del Bando riguardo al concetto di Utopia intesa non come ‘un non luogo’, (ou-tòpos), ma come “il luogo” del ristoro, il punto di arrivo, il ‘buon luogo’ EU-TOPOS; in matematica, uno spazio topologico infatti è il tipo più generale di spazio matematico che consente la definizione di limiti , continuità e connessione. Il mio lavoro si incentra sul confine e il bordo, i parametri che definiscono un’entità, un'idea, un sé. Spesso il confine è reso chiaro solo quando contestualizzato in relazione ad altri confini; in questa logica, difatti, conosciamo noi stessi in relazione agli altri, nelle nostre analogie e differenze con gli altri. Sottolineo la superficie dei piani appiattiti in relazione alla superficie del corpo e ai momenti di contatto per ribadire il confine del sé e come viene costantemente formato, smantellato e riformato dal nostro contesto e dai nostri contatti. Amore, desiderio, identità… Partendo da tali premesse, ho ripreso un progetto recente di acquarelli dal titolo Agitazione, la cui trattazione grafica, che si evince nel creare forme astratte, parte dalle considerazioni sul concetto di identità come intersezione di molteplici fattori, quali genere, etnia, classe e sessualità. Relativamente a ciò trovo dunque preferibile l’utilizzo del termine “identità”, evidenziata in quello che poi è stato il progetto Pneuma proprio alla luce della sua fluidità e mutevolezza. Tali forme sono la traduzione grafico-artistica di momenti attinti dalla mia esperienza personale, impregnati di vulnerabilità, frustrazione o desiderio e di decisioni, siano esse impulsive o costruite attraverso una logica interna di accrescimento, le quali sono colte, attraverso l’astrazione, in un unico frangente come indurimento o cristallizzazione del pensiero nel tempo. Corpo e Natura L’opera si articola attraverso sovrapposizione di parti di corpo umano, che emergono grazie a un ricercato gioco di contrasti. Qui ho voluto rappresentare il rapporto essere umano – natura, il quale va oltre la misura in cui un individuo crede o sente di appartenere ad essa; può anche essere inteso come la nostra sinergia adattativa con la natura, nonché le azioni e le esperienze, che ci connettono ad essa. Sebbene gli esseri umani spesso credano di potersi ancora considerare distanti dalla natura, proprio tale separazione impone loro di ripristinare e conservare l'ambiente naturale. Ci sono due conseguenze legate alla lisi di questo rapporto: la distruzione e la mediazione. L’ amore sesso La mia ricerca per la mostra Intelletto d’amore si conclude con il progetto fotografico finale Pneuma, termine con il quale nella filosofia greca veniva indicato il ‘principio di vita’ e quindi il ‘principio vitale cosciente di ogni organismo’. L’opera è incentrata sulla rappresentazione della sessualità, intesa soprattutto nel modo in cui ogni persona o gruppo sociale identifica e costruisce un luogo di visibilità e di dialogo. Questo aspetto include discussioni, performatività e ruoli attribuiti alla sessualità in senso lato. Una questione molto importante nella rappresentazione della sessualità umana riguarda l'immagine dell'atto sessuale stesso: sotto questo aspetto emergono notevoli criticità, in quanto nella società occidentale la sessualità è concepita più spesso come un tabù e rimane relegata unicamente alla dimensione privata. Nell’opera viene proposta una rappresentazione del privato e delle diverse manifestazioni dell'atto sessuale, intersecate con un’ambientazione naturale e al contempo mimetizzante, caratterizzata da un tripudio di accordi cromatici differenti; questi ultimi sono stati ispirati dalla ricerca che ho condotto, durante la fase progettuale dell’opera, delle varie opere di Giuliano de Minicis, artista poliedrico e valente comunicatore durante la 66^ edizione della Rassegna Internazionale d’Arte/Premio “G.B. Salvi”.

Le forme come strutture fluide. La sensibilità grafica rappresentata nei miei lavori e resa attraverso l’utilizzo dei micron e l’acqua, nel creare forme astratte, parte dalle considerazioni sull’identità individuale come condensato di molteplici fattori convergenti, tra cui genere, razza, etnia, classe e sessualità. Con il termine “identità” si evidenzia meglio la fluidità e la mutevolezza propria della vita, evinta nella trattazione artistica delle opere. Le forme raffigurate sono la traduzione grafico-artistica della mia personale esperienza, alla luce di sentimenti di vulnerabilità, frustrazione o desiderio; attraverso l’astrazione, le decisioni, che siano esse impulsive o costruite attraverso una logica interna di accrescimento, sono catturate in un frangente temporale comune come indurimento o cristallizzazione del pensiero nel tempo. Contestualizzazione delle forme come impressioni mentali. Le impressioni mentali possono spesso risultare inesprimibili e fine a se stesse, ma se fissate nel mondo fisico, risultano pregnanti, pur nella loro anche qualità sfuggente e illusoria. È da questa importante considerazione che sono passata gradualmente a raffigurare queste forme astratte, adattandole a sfondi uniformi e bidimensionali e mantenendo un approccio più figurativo: in tal senso, ho giocato sul concetto di distorsione e deformazione, col fine di migliorare l'impatto visivo delle immagini. Qui poi mi sono sorte delle domande: come si adatta la distorsione al mio scopo? Corpi distorti e volti contorti faranno avanzare la composizione o l'affermazione creativa, o è solo un dispositivo bizzarro e di seconda mano per stimolare l'artisticamente confuso? La svolta anamorfica Dalle distorsioni sono poi passata ad interessarmi nello specifico sull’anamorfosi. L’anamorfosi è una dimensione formale della pratica artistica, che si pone come strumento critico per esplorare la visione soggettiva. Essa è una tecnica di prospettiva che produce un'immagine distorta, la quale può essere corretta e resa coerente solo se vista da un angolo specifico. Questo processo di visione eccentrica si affida all'osservatore dell'opera per individuare attivamente la posizione di visualizzazione, conferendo un determinato significato. Lo spettatore di immagini anamorfiche prende consapevolezza di sé in quanto soggetto guardante e, di conseguenza, questo l’atto dell’osservazione afferma la costruzione della visione come riflessivo e autocritico. La tesi prende come punto di partenza la pretesa dell’influente critico e teorico Rosalind E. Krauss, secondo la quale la pratica artistica dell'artista tedesco-americano Eva Hesse, in particolare l'opera Contingent, 1969, ha rappresentato una reinvenzione per il proprio tempo di condizione anamorfica attraverso una mutua eclissi di forma e materia. Krauss distribuisce il dispositivo di anamorfosi come mezzo per affrontare la problematica del rapporto tra le categorie di pittura e scultura. Il modello psicoanalitico della visione proposto da Jacques Lacan dispiega l'anamorfosi come struttura esemplare nell'elaborazione dello sguardo. Mentre l’utilizzo delle lenti fungono da dispositivo formale che collega un corpo materiale eterogeneo, due presupposti hanno guidato questo l’ osservatore eccentrico nella costruzione di esperienze artistiche che sono allo stesso tempo "estetiche" e basate sulla critica: in primo luogo, rendere un osservatore consapevole di sé e consapevole dei processi mediante i quali viene costruito il significato; e, in secondo luogo, riconoscere il ruolo centrale che l'identità e le capacità dell'osservatore hanno nel determinare la natura dell'esperienza artistica. È a questi obiettivi che deve essere subordinato il concetto di anamorfosi. L'importanza dell'anamorfosi, quindi, non è un'alternativa al modo in cui viviamo le opere ma come una metafora per accettare informazioni da luoghi sconosciuti e fonti inaspettate. Attraverso l’utilizzo di alcune lenti anamorfiche sono entrata quindi nella seconda fase della ricerca, cioè la contestualizzazione delle forme astratte su fondi non più bidimensionali e a mano a mano sempre più ricchi giochi cromatici. Grazie all’approccio teorico-pratico sulla cosa ho iniziato a riconoscere i limiti di una visione del mondo statica e omolografica e ho iniziato ad abbracciare invece un processo di dispiegamento dinamico che comprende un campo di luce, colore e consistenza attraversato da espressioni di personalità e specificità. Tale processo potrebbe servire almeno a due scopi: minare una certa ideologia della visione che continua a dominare il modo in cui guardiamo l'opera d'arte e celebrare (piuttosto che sopprimere) la natura idiosincratica del nostro "punto di vista". Sintesi La mia espressività artistica si focalizza sulla figura umana. Figure eteree, fugaci, che sbiadite colano sul supporto assumendo con naturalezza e spiazzante precisione sembianze d’immediata lettura. Una deliziosa danza tra la cromaticità estremamente diluita. Una pittura carica d’intimità a fior di pelle declinata in maniera erotica e sensuale talvolta fastidiosa e scottante.

Acrilico, acquarello,tempera

Tessuto

Dimensione

60x50cm