Cardia Selene
“Qui, da me” non è “qui, con me”. É come se io avessi portato quel pezzetto lì dentro lo studio, rielaborandolo. Ma loro non sono qui. Uno dei punti principali del lavoro è proprio la questione del pormi rispetto a quella situazione lì: Le fotografie sono scattate con una macchina analogica compatta, senza zoom. Questo presuppone un diverso approccio alla situazione, più vicino, più diretto, più partecipe, sia per chi scatta che per chi viene fotografato. La tensione data dall'incognita, dall'impossibilità di vedere le immagini al momento, si unisce a quella data dal fatto di avere un tempo limitato per realizzare gli scatti: le foto vengono realizzate in successione, una dopo l'altra, perché sono pensate come fotogrammi di un video che “riprenda” quella scena, e poi il poco tempo in cui uno torna a casa, pochi giorni in cui vuol “fare entrare tutto”, prendere tutto, portarlo con sé quando si va via per lasciare nuovamente casa e andare da un'altra parte. Infatti porto via con me i rullini e li faccio sviluppare una volta arrivata a Napoli, poi porto le foto in studio, che più di tutti è il mio posto qui, e le fotografo nuovamente, questa volta in digitale. La parete dello studio occupa una parte importante dell'immagine e nella foto che vi si poggia si muove mio padre, che lavora, la mia campagna, le capre, come in un tentativo di portare il mio mondo lontano “qui, da me”. Il lavoro, dal carattere fortemente intimo, si propone come il primo di una serie in cui il tema della lontananza da casa, l'elaborazione costante del sentimento di nostalgia rispetto al luogo di origine e del rapporto che questo ha con la propria identità vengono affrontate in maniera esplicita, coinvolgendo per la prima volta in maniera diretta le persone e i luoghi che ne fanno parte.
49 x 37,5 cm