Lisanti Matteo
La scena del crimine è un luogo che catalizza in modo paradossale manifestazioni simultanee di presenza ed assenza. In essa il corpo manca, ma vi si rivelano violente tracce della sua precedente spazialità, in un modo del tutto silenzioso e sospeso. Il progetto intende tracciare un parallelismo tra questo particolare luogo e lo scenario mentale che si delinea al risveglio da un incubo. Come Freud teorizza ne “L’interpretazione dei sogni”, il sogno angoscioso ha origine da una serie di ricordi repressi che riportano a galla la loro traumaticità senza mai disvelarsi in modo completo, ma solo tramite perturbanti accenni. Pertanto, al risveglio, il soggetto si ritrova spaesato, con flebili ed evanescenti indizi di una sorta di scena del delitto mentale. Partendo dai locali di un luogo legato ad un ricordo personale, l’ufficio in cui mia madre lavorava e che spesso visitavo da bambino, il progetto rappresenta una serie di fittizie scene del crimine che si susseguono in differenti ambienti interni. Camere, uffici, scalinate e corridoi, anche se provenienti da luoghi differenti, sembrano tutti essere collegati nel medesimo labirinto mentale di stanze, che si protrae all’infinito in una serie fotografica potenzialmente sempre aperta. Si crea in questo modo una sovrapposizione tra lo spazio fisico e mentale del soggetto, in cui le violente manifestazioni dell’inconscio prendono forma in viscose ed informi macchie nere simili a quelle lasciate dal sangue un omicidio, in cui il corpo assente è riconducibile allo stesso di chi scatta la foto. Egli è infatti il solo ed unico testimone, appunto “Witness”, del loop di auto-tortura innescato dal sogno angoscioso, in cui il soggetto è simultaneamente vittima e carnefice inconsapevole di sé stesso.
30x20cm ciascuna