Utopie di Bellezza

khatarsis

Artista

Scarpetta Giulia

Concept

Non molto tempo fa, ho sofferto di attacchi di panico, di crisi d’ansia mista a un pianto irrefrenabile: ho pensato di non potercela fare. I pensieri mi divoravano viva, avevo difficoltà a distinguere ciò che era reale da quelle che erano solo mie costruzioni mentali, portandomi a dubitare di me stessa, della mia ragione. In quel periodo, scrivevo: “Dietro, in fondo, c’è solo il buio. Buio, enorme e profondo, mi divora, mi mastica, mi butta giù, mi circonda.” In quel periodo, non ho mai preso in mano la macchina fotografica: ero paralizzata. Ma allora cosa c’entra questa storia con il mio progetto? La questione è più semplice di quella che può sembrare: riaprendole, quelle fotografie mi hanno colpita duramente, perché mi hanno portata a scavare a fondo, ricordando i momenti in cui erano state scattate. Ho iniziato questo progetto a sedici anni, quando per la prima volta mi sono scoperta disorientata. Sono sempre stata una persona molto riflessiva, ma a volte perdo il controllo dei pensieri: se non riuscissi a riacquistarlo, potrei ferirmi profondamente. La fotografia mi ha permesso di dare un ordine a tutto ciò, di concentrare l’attenzione sul mio corpo, sull’ambiente circostante. Riesco, in questo modo, ad esternare le emozioni e comprenderle, non a parole, ma tramite delle immagini, ad isolarmi nel mio "non-luogo", a trasformare in arte quelle che sono le mie sensazioni più dure. Lavoravo su me stessa, perché potessi riprendere il controllo: catarsi profonda e pura. In quei momenti mi convincevo sempre di più del ruolo forte dell’arte come forza ordinatrice.

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