Di Clemente Giulia
L’approccio che ho sempre avuto col disegno e la pittura mi aiutano a concepire l’inquadratura fotografica esattamente come un foglio: i soggetti non sono mostrati in pose statiche e i corpi non appaiono mai nella loro interezza; poiché, esattamente come un dipinto, concepisco i corpi come “segni” e sfumature. Lo sfondo equivale alla tela e i “vuoti” che si creano tra gli elementi sono proprio come i silenzi e le pause nella musica. Realizzo singoli schizzi per i fotogrammi principali come uno studio preparatorio prima della stesura di un quadro. La composizione può avere un doppio significato: i corpi si sfiorano e si allontanano; oppure, al contrario, si avvicinano formando paesaggi cromatici. La libera interpretazione del fruitore è molto importante. Da qualche anno a questa parte nelle mie opere pittoriche effettuo uno studio del “non finito” che è ben evidente anche nel mio modo di concepire la fotografia: i corpi si fondono e contemporaneamente si distaccano, creando linee, sospiri, vuoti e forme quasi astratte, eteree. Lo sfondo nero accentua il chiaroscuro valorizzando le forme e la luce accentua le linee delicate; i toni volutamente scuri contribuiscono ad un’atmosfera senza tempo, eterna. L’utilizzo della scala dei grigi è una scelta sia estetica che metaforica: una ricerca continua di eleganza, minimalismo ed equilibrio sia spirituale che estetico. In questi scatti entro nel ruolo sia di fotografa che di modella. Imparare ad ascoltare il proprio corpo è un’utopia ed una responsabilità, spesso sottovalutata, che abbiamo nei confronti di noi stessi e di chi ci circonda.
45x30 cm.